Abstract

Teodolfo Mertel, giurista e storico, uomo di Stato e cardinale (Allumiere, 1806-ivi, 1899) ha dedicato un inedito saggio agli statuti comunali. Rinvenuto presso l’Archivio Apostolico Vaticano, lo scritto era destinato a fare da introduzione alla pubblicazione dell’intera collezione degli statuti dei comuni dello Stato Pontificio. La collezione, conservata a Roma, fu notevolmente arricchita e sistematizzata per iniziativa di Mertel nella sua veste di ministro dell’Interno, carica che egli ricoprì dal 1853 al 1858. Mertel inquadra la fonte statutaria nel contesto della vicenda comunale, distingue le varie tipologie di statuti, ne esamina i contenuti con esempi tratti dagli esemplari statutari presenti nella collezione. L’obiettivo dichiarato è la rivalutazione storiografica della fonte statutaria. Mertel si prefigge qualcosa di più della semplice rivitalizzazione storico-erudita della fonte statutaria locale: egli considera gli statuti portatori di uno strato profondo di princìpi da cui traggono origine gli ordinamenti giuridici e le istituzioni politiche moderne. Nella normativa e nell’organizzazione istituzionale dei comuni medievali egli rinviene le radici di alcune nozioni e tecniche costituzionali – ad esempio il principio rappresentativo, la divisione o l’equilibrio dei poteri – che erano al centro della riflessione teorica e del dibattito giuspolitico europeo del primo Ottocento. Il saggio di Mertel si inserisce a pieno titolo nel quadro dell’ampio e vivace dibattito ottocentesco sul ruolo degli ordinamenti comunali medievali nel processo – e nel modello – dell’incivilimento.

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