Abstract

C’è nella forma architettonica un ‘quid’, un qualcosa che vi appare e al tempo stesso la trascende: un quid oltre il visibile, una sostanza (dal latino sub-stanzia, ‘ciò che sta sotto’) che non è visibile agli occhi, ma che appare all’Occhio Interiore; un qualcosa di essenziale che ne costituisce l’identità, l’anima, la coscienza che vi è stata infusa dall’autore, dall’architetto. Ora, che ciò sia vero, non lo posso qui (in linea filosofica) affermare solo per via intuitiva, ma lo devo anche dimostrare con concetti e fatti razionalmente tratti dall’osservazione delle grandi opere. Dimostrerò, dunque, come ogni grande autore abbia operato e realizzato le sue opere migliori non da un piano meramente fisico dell’architettura, ma da un suo livello superiore definibile come meta-architettura e/o metafisica dell’opera d’arte. A questa dimensione si accede in parte per via razionale, riflessiva, e in parte per via intuitiva. E chiunque vi abbia accesso non torna mai indietro a mani vuote, ma con una forma ideale che puntualmente riveste di materia, o forma sensibile.

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