Abstract

Lo scopo di questo lavoro è l’analisi della poesia di Osvaldo Ramous, un artista fiumano che ha conosciuto tutte le fasi dello sviluppo del capoluogo quarnerino nel secolo scorso. Nato nella Fiume italiana, Ramous si ritrovò a vivere nella Rijeka jugoslava a partire dal 1945, quando la città passò sotto il controllo di Tito. Ramous si è sempre battuto per l’affermazione dei diritti della Comunità italiana dell’Istria e del Quarnero, ma nella sua poesia emerge il desiderio di fuggire dalla Storia. Il poeta fiumano vorrebbe trovare nella musicalità dei versi un riparo dalle tragedie che hanno scosso il Novecento, ma i tempi nuovi sembrano non lasciare più spazio a illusioni di sorta: la poesia non può più essere la parola innamorata avulsa dal contesto esterno, e proprio per questo la Storia sembra infilarsi sottilmente nelle poesie di Ramous sotto forma di improvvisi cambiamenti di ritmo e immagini che risvegliano il poeta stesso e il lettore dall’idillio della musicalità del verso. Tutte spie nevrotiche che segnalano traumi troppo forti per essere superati e diluiti nella creazione artistica.

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