Il presente articolo investiga la tendenza a rappresentare la disabilità come una condizione totalizzante che non lascia spazio ad altre caratteristiche dell’individuo. Nel fare ciò, il saggio analizza alcuni topoi della costruzione narrativa della disabilità: l’accostamento ad una seconda vita, la visione della disabilità come accusa o colpa, e la sua percezione come una forma di mancanza. Tale approccio fa risaltare la capacità mitopoietica alla base di un notevole corpus di produzioni narrative nel romanzo italiano contemporaneo. Al centro del discorso si trovano, fra gli altri, autori come Alessandro Perissinotto e Piero d’Ettorre, Michela Murgia, Carmen Verde, e Simona Vinci, scrittori che l’articolo propone come riferimenti contemporanei al tema della disabilità e che ricevono il testimone da autori più canonicamente studiati come Dacia Maraini e Giuseppe Pontiggia.
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