Abstract

This article will analyse in detail some features of a passage which describes the creation of a mind-made body (manomaya-kāya) within the Sāmaññaphala-sutta. The study starts from the translation of the term ‘manomaya’, which could have more than one grammatical interpretation. The point at issue is that both the commentarial tradition and a scholar who discussed this problem (Sue Hamilton) understand the compound with the first term (mano/manas) inflected in the instrumental case. I will argue that an interpretation, according to the genitive case, cannot be completely disregarded. Subsequently, the translation of a couple of terms (muñja and isīkā) will be discussed, having a look to modern translation, to the Buddhist world view, and to the use of these terms within some Vedic texts. Finally, an odd wording of a passage will be analysed, and the comparison with the use of the same passage in a later exegetic text will highlight the conservative feature of the tradition of Pāli texts.

Highlights

  • This article will analyse in detail some features of a passage which describes the creation of a mind-made body within the Sāmaññaphala-sutta

  • Ora il praticante ha ottenuto un particolare status mentale, che lo rende in grado di distinguere chiaramente il proprio corpo dalla propria coscienza: Così egli, quando ha ottenuto una mente purificata, ripulita, senza imperfezioni, libera da impurità, malleabile, adeguata a operare, stabilita, che ha ottenuto l’imperturbabilità, dirige e inclina la mente al fine di conoscere e vedere

  • I riferimenti a testi in lingua pāli sono da ricondurre alle edizioni realizzate dalla Pali Text Society e coincidono con la lista delle abbreviazioni

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Summary

Introduzione

Il presente scritto è il frutto di una ricerca più ampia che sto conducendo sul concetto di ‘manomaya’ all’interno dei testi buddhisti in lingua pāli. Sulla creazione del corpo fatto di mente (manomaya-kāya) e-ISSN 2385-3042 ISSN 1125-3789 trovati all’interno del canone pāli, poiché non solo può avere differenti interpretazioni grammaticali, ma è anche rintracciabile in differenti contesti (cf 1996, 138).[3] Il commentatore Buddhaghosa sembrerebbe suggerire, in circostanze diverse tra loro, un’interpretazione secondo il caso strumentale del termine manas: manomayo ti jhānamanena nibbatto (DA, I, 120), manomayan ti manena nibbattitaṃ (DA, I, 222), anche se un’interpretazione secondo il caso genitivo sarebbe ben supportata da un uso non raro del termine ‘-maya’ in fine di composto con il significato di ‘fatto di’, ‘che consiste di’ (cf PED, 469). Il Sāmaññaphala-sutta (Il discorso sui frutti della vita ascetica), sutta numero due del Dīgha-nikāya, sembra essere il locus classicus di una pericope che Radich ha definito la «pericope della pelle di serpente».5 Questa pericope

L’analisi di Hamilton del composto manomaya si focalizza su quattro contesti
Nei nove contesti rintracciati da Radich il manomaya-kāya appare come
Descrizione della creazione del manomaya-kāya
Interpretazione del composto ‘manomaya’
Metafora per l’estrazione del corpo fatto di mente
Traduzioni problematiche e-ISSN 2385-3042 ISSN 1125-3789
Inversione ablativo e accusativo e-ISSN 2385-3042 ISSN 1125-3789
Conclusioni e-ISSN 2385-3042 ISSN 1125-3789
Copenhagen

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