Abstract

Affrontare, oggi, il tema della democrazia interna ai partiti politici, risulta tanto complesso quanto cruciale. In Italia, come più in generale nelle democrazie occidentali, il tradizionale circuito della rappresentanza politica, come sappiamo, soffre di un malessere che non sembra trovare soluzione. Ciò influenza ed è a sua volta influenzato da una innegabile crisi dei partiti politici, sotto almeno un duplice profilo: da un lato, la capacità di rappresentare le istanze provenienti dalla società civile; dall’altro, la legittimazione dei partiti stessi, dinanzi ai cittadini. Com’è noto, è in particolare nelle costituzioni rigide del post Seconda guerra mondiale nell’Europea occidentale (pensiamo in primis alla costituzione di Bonn del 1949) che i partiti si sono consolidati in quanto strumenti della rappresentanza politica. Se guardiamo all’esperienza italiana, l’art. 1, comma 2, della Costituzione del 1948 afferma che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Se ciò è vero, ne consegue la centralità del sistema dei partiti e della loro organizzazione interna, considerata l’influenza che questi esercitano sulle dinamiche della rappresentanza. A causa di tali carenze, la dimensione privatistica ha fino ad oggi ampiamente prevalso su quella pubblicistica in relazione alle norme di regolamentazione della vita dei partiti.

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