Abstract

Il saggio propone una prospettiva sfaccettata e "cubofuturista" della marcia su Roma che mette a confronto gli eventi disordinati e caotici della fine di ottobre 1922 a Roma con la loro trasformazione propagandistica nel mito fondativo del futuro regime. Ne emerge la centralità del mito palingenetico che ha fatto del 28 ottobre (quando in realtà accadde poco) il momento simbolico della rinascita dell'Italia; la natura mitopoietica, soreliana, modernista, controfattuale e archetipica di questo mito e la pervasiva fattualità e la fittizia grandezza che esso acquisì nella mente dei fascisti; infine l'eredità continua e la risonanza mitica della marcia su Roma nelle elezioni di Giorgia Meloni. Il contributo si conclude con alcune riflessioni sulla patologia del "marciare" nel contesto dei regimi totalitari e autoritari e sulla crescente importanza di unirsi, almeno figurativamente, a una sana marcia palingenetica, dato lo stato di disintegrazione del mondo.

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