Abstract

Abstract It. fa ‘ago’ represents a rare case of grammaticalization of a finite verbal form and a typical example of what we call ‘preadaptive change’. Its present categorical status, however, is an object of dispute between the different approaches of historical and theoretical linguistics: on the one hand fa is considered an adverbial, on the other hand a postposition, becoming a sort of test of the explanatory power of both the approaches. After a reconsideration of the data throughout the history of Italian and a scrutiny of the literature, we come to the conclusion that in the case of a grammaticalization process both the structural features and the inherited properties are necessary to assign the categorial status and in the case in question converge towards the adverbial function.

Highlights

  • It. fa ‘ago’ represents a rare case of grammaticalization of a finite verbal form and a typical example of what we call ‘preadaptive change’

  • Quite often the naturalness or nonarbitrariness of a particular pairing of structure with function is derived from the particular history of the pairing, rather than from synchronic functional explanations

  • Nella Grande grammatica italiana curata da Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti il capitolo sulla deissi è trattato da Laura Vanelli, che riserva a fa una descrizione peculiare quanto insolita chiamando in causa la diacronia, se non proprio la storia della lingua, con un’apertura opportuna e anzi necessaria dal nostro punto di vista, ma che rappresenta un’infrazione piuttosto grave al codice che, dallo strutturalismo in poi, stabilisce che la descrizione di una grammatica deve avvenire in termini di rigorosa sincronia

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Summary

La locuzione avverbiale con fa

Per esprimere la distanza temporale dal momento dell’enunciazione (nunc) l’italiano usa una locuzione avverbiale composta di un quantificatore temporale che determina l’elemento fa, la cui categorizzazione ovvero l’assegnazione a una del-. Vediamo ora come alcuni dei repertori più usati e accreditati dell’italiano definiscono l’elemento fa, riducendo ai termini essenziali le definizioni date nei lemmi e nei luoghi indicati: GDLI: costrutto sintattico equivalente a ‘prima, dianzi, addietro’; Devoto/Oli: avverbio ‘addietro, or sono’ [†preposizione posposta]; DISC: avverbio sempre posposto in locuzioni temporali ‘prima d’ora, or sono’; GRADIT: avverbio posposto in varie locuzioni temporali ‘addietro, da ora’; DELI: voce usata in varie locuzioni temporali col valore di ‘addietro’; Serianni (XII, 30): locuzione avverbiale con valore temporale; Renzi/Salvi/Cardinaletti (III, 2.3.2.1): locuzione temporale deittica. Si noterà come l’assegnazione esplicita alla categoria dell’avverbio figuri solo in tre repertori su sette, mentre altri tre preferiscono far riferimento all’insieme della locuzione e un quarto (che è poi l’unico dizionario etimologico considerato) ricorre al termine neutrale e non compromettente di «voce». Dunque possiamo concludere che le descrizioni ufficiali della lingua italiana a opera di studiosi di formazione storica sono concordi nell’assegnare fa alla categoria dell’avverbio, anche se con qualche prudente reticenza che denota, se non proprio un disagio, una non completa soddisfazione

Il ricorso alla diacronia
L’evoluzione sintattica dell’italiano e il mutamento preadattivo
Le indicazioni della comparazione
L’intervento della linguistica teorica
Il nocciolo della questione: avverbio o posposizione?
Conclusioni
Bibliografia
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