Abstract

Abstract Pubblicato nel 1960, Il grande ritratto di Dino Buzzati è il primo romanzo dell'autore bellunese ad avere come protagonista un personaggio femminile—o presunto tale. Ermanno Ismani, professore di Elettronica, viene convocato per un lavoro di carattere segretissimo dai due scienziati Giancarlo Strobele ed Endriade. Solamente giunti a Val Texeruda, Ismani e la moglie, Elisa, verranno a conoscenza della natura degli esperimenti: la realizzazione di una macchina da guerra capace di rendere gli scienziati “padroni del mondo”. Lo snodo del romanzo avviene nello scoprire che tale macchina da guerra, una cittadella ipertecnologica, è in realtà detentrice di vita propria e che incarna lo spirito di Laura, defunta amante di Endriade. Avvalendomi di teorie ecofemministe, in questo studio vaglierò Il grande ritratto con l'intento di individuare i caratteri psicosessuali e al fine di tracciare le modalità in cui Buzzati rappresenta il subordinamento del personaggio-donna da parte della “scienza patriarcale” (Ross 227). La matrice teorica ecofemminista, inoltre, fungerà da supporto per l'analisi degli stilemi impiegati dall'autore per tratteggiare questo personaggio robotico, un linguaggio che rinforzerebbe e giustificherebbe un assoggettamento del femminile in un contesto patriarcale: “Similarly, language which feminizes nature in a (patriarchal) culture where women are viewed as subordinate and inferior reinforces and authorizes the domination of nature: “Mother Nature” is raped, mastered, conquered, mined; her secrets are “penetrated” and her “womb” is to be put into service of the ‘‘man of science.” (Warren 12).

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