Abstract
Con questo saggio cerco di mostrare come nell’ambiente culturale padovano di inizio ’300 la riflessione attorno alla funzione delle immagini e delle personificazioni in poesia – che Dante avrebbe considerato prima all’altezza della Vita Nova e quindi nei canti purgatoriali del ‘visibile parlare’ – ebbe a radicarsi sulla diffusione in quell’ambiente dei testi di Alain de Lille (Anticlaudianus, De planctu Naturae). Grazie a quel primo impulso, i registri retorici potenziati dall’apporto delle immagini figurate si liberarono dei vecchi schemi allegorici per approdare a un nuovo sistemi di segni che fece delle antiche figurae gli specchi di valori metafisici.
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