Atypical Benign Partial Epilepsy Of Childhood Research Articles

Evoluciones atípicas de la epilepsia parcial benigna de la infancia con espigas centrotemporales

To stress that different atypical evolutions occur in the course of disease in some patients with the so called benign partial epilepsies of childhood (BPEC). To promote interest in finding clinical and/or electroencephalographic clues to recognize which patients might be prone to present these risks. Follow up of 26 pediatric patients who started with typical clinical and EEG features of benign childhood epilepsy with centro-temporal spikes (BCECTS) but presented reversible or persistent serious epileptic events including status epilepticus and language, cognitive or behavioral impairments. Repeated neurological examinations, EEG records and neuropsychological evaluations were done in the course of up to 14 years. Brain imaging studies (CAT and/or MRI) were obtained in all patients. Four groups of patients were recognized: 11 children with atypical benign partial epilepsy of childhood (ABPEC) followed during 4 to 13 years. All have finally recovered and attend normal schools, although five have learning difficulties. Three patients met diagnostic criteria for Landau-Kleffner syndrome (LKS). Two of them recovered from aphasia and in one, some language difficulties persist. Seven children showed status epilepticus of BCECTS but all of them are now normal after 3 to 14 years of follow-up. Five children showed mixed features of the three groups mentioned above and three of them fulfilled the criteria for diagnosis of the syndrome of continuous spike-wave during slow sleep (CSWS). A small proportion of cases starting with BCECTS evolve into either ABPEC, LKS, status of BCECTS or the syndrome of CSWS. Then, BCECTS is not always benign. Clinical and EEG markers should be sought to predict these atypical evolutions.

Atypical benign partial epilepsy of childhood (ABPEC): a novel therapeutic strategy

I progressi compiuti in questi ultimi anni nella gestione degli infarti cerebrali in fase acuta hanno permesso di ridurre significativamente la morbilità e la mortalità legate a questa grave patologia. Dopo la conferma della diagnosi grazie alle neuroimmagini, le indagini eziologiche vengono condotte parallelamente alle misure terapeutiche. La terapia comprende alcuni provvedimenti non specifici: mantenimento delle funzioni respiratoria, cardiaca ed emodinamica e mantenimento dell’equilibrio idroelettrolitico e glicemico. Le complicanze neurologiche o sistemiche (edema cerebrale, trasformazione emorragica, epilessia, infezioni, malattia tromboembolica venosa) peggiorano la prognosi dell’infarto cerebrale e devono essere prevenute e/o trattate. Le misure terapeutiche specifiche comprendono la messa in atto precoce di una terapia antitrombotica o una ricanalizzazione con trombolisi se il trattamento può essere somministrato entro le 4 ore e 30. Il tempo è il principale fattore che limita l’uso della trombolisi, tanto più che i segni di allarme dell’infarto cerebrale sono largamente misconosciuti dal pubblico. I trattamenti endovascolari possono essere proposti per alcune indicazioni specifiche in centri specializzati. I neuroprotettori non hanno, ad oggi, dato prova della loro efficacia. Il ricovero in unità specializzate (stroke unit) costituisce parte integrante della terapia. L’infarto cerebrale deve ormai essere considerato un’urgenza trattabile come l’infarto del miocardio. Una migliore informazione del pubblico e l’adattamento del sistema assistenziale, specialmente durante la fase preospedaliera, fanno parte degli obiettivi da raggiungere per far sì che il maggior numero di pazienti possa beneficiare di questi progressi.