Abstract

Questo contributo nasce dall’esperienza di ricerca sul campo nell’ambito della giustizia penale minorile. In un contesto dove alle diverse istituzioni si affiancano soggetti di natura privata (enti del terzo settore) e professionisti della rieducazione (assistenti sociali, mediatori, educatori, psicologi) il risultato del percorso di espiazione e rieducazione individuato è frutto della mediazione tra i vari attori e i saperi da essi introdotti. Da ciò il proliferare di strumenti rieducativi che ricadono nell’ambito di applicazione del diritto penale (permanenza in comunità, messa alla prova, affidamento in prova al servizio sociale, mediazione penale). Tali strumenti, pensati con la finalità di coniugare l’aspetto punitivo con quello del ravvedimento soggettivo, cercano di fare leva sull’implementazione delle competenze personali, rimanendo in bilico tra l’esigenza di garantire l’espiazione della pena e quella di produrre nuove soggettività in grado di affrancarsi da condizioni di marginalità sociale purché vengano acquisite caratteristiche idonee all’inclusione nel sistema produttivo. Il contributo vuole tentare di introdurre possibili chiavi di lettura o future piste di ricerca a proposito dei percorsi di espiazione penale imposti dall’Autorità Giudiziaria ai minori autori di reato osservati attraverso la lente dell’etnografia.

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