Abstract

Il lockdown ha mostrato una città assente, perché inadatta a sopportare situazioni di emergenza, come quella causata dalla pandemia. Nonostante ciò la popolazione, reclusa all’interno delle proprie abitazioni, ha manifestato la necessità dell’esperienza urbana e di praticare lo spazio aperto. L’emergenza diventa l’occasione per ripensare la città attraverso nuovi modelli. Viene proposto il macroisolato, un prototipo spaziale che, a partire dall’invariante tipo-morfologica dell’isolato urbano, migliora la qualità dell’abitare per mezzo di operazioni compositive: riqualificazione del costruito e dello spazio aperto, inserimento di funzioni primarie e servizi di prossimità, miglioramento degli standard di sostenibilità ambientale. Il macroisolato restituisce una idea di città dove la complessità del tessuto è definito da parti autonome che si relazionano reciprocamente.

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