Abstract

Il presente articolo, intende suggerire che l’uso appropriato del termine “futilità” possa costituire un utile ponte fra la formulazione etica dei termini ordinario/straordinario e la decisione da prendere talora al termine della vita. Futilità in senso clinico significa semplicemente che una malattia o sindrome si è evoluta a un punto tale da rendere ormai inutile un intervento medico che era stato proposto per il bene del paziente.
 L’articolo si divide in tre parti: 1) delineazione del concetto di futilità; 2) delineazione dei suoi abusi all’interno di particolari decisioni cliniche; 3) definizione del suo uso proprio nel contesto della antropologia e dell’etica medica cattolica.
 Correttamente interpretato il termine “futilità”, come guida prudenziale all’interno di limiti morali specifici, può essere d’aiuto per recuperare e spiegare la persistente importanza dei termini tradizionali ordinario e straordinario, proporzionato e sproporzionato. Questi termini sono centrali nell’insegnamento del Magistero Cattolico sull’assistenza alla fine della vita, e hanno fortemente influenzato le prospettive cattoliche successive riguardo alle decisioni di fine vita.

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