Abstract

Nel 1914, Abel, insieme a Rowentree e Turner, ha introdotto il termine “plasmaferesi”, il cui significato letterale è “sottrazione”. La prima “plasmaferesi terapeutica” risale al 1952 in un paziente affetto da mieloma multiplo, ma, nel 1963, iniziarono le prime applicazioni cliniche per ridurre l'iperviscosità del sangue in pazienti affetti da paraproteinemia, ad opera di Salomon e Fahey. Nel tempo sono state introdotte tecniche sempre più specifiche e selettive, ampliando notevolmente le indicazioni cliniche (plasma-exchange, crioaferesi, leucoaferesi, trombocitoaferesi, linfocitoaferesi LDL aferesi). Le attuali indicazioni alla plasmaferesi vengono definite e periodicamente ristabilite da due associazioni scientifiche americane, l'American Association of Blood Banks (AABB) e l'American Society of Apheresis (ASFA), sulla base delle prove di efficacia del trattamento nelle malattie specifiche. Nel 1993 è stato costituito, nell'ambito della Società Italiana di Nefrologia, il gruppo di studio dell'aferesi terapeutica che ha il compito di sviluppare Linee Guida di riferimento per il trattamento con plasmaferesi. Il fine ultimo della terapia aferetica sarebbe quello di poter rimuovere dal circolo solo le sostanze patogene, ma l'utilizzo di tecniche di rimozione selettiva si accompagna in realtà non tanto a una maggiore capacità di estrazione della sostanza, bensì a una minore rimozione di componenti non patologiche, riducendo il rischio di infezioni, emorragie e reazioni allergiche. Tuttavia, la plasmaferesi potrebbe anche agire modulando il sistema immunitario oltre che rimuovendo le sostanze patogene. L'aferesi terapeutica è indicata in immunologia, dermatologia, ematologia, oncologia e nelle malattie dismetaboliche, neurologiche e renali ed è utilizzata anche nelle emergenze come tecnica di detossificazione sia endogena che esogena, in cui è necessaria la rimozione della sostanza patogena prima che si verifichi un danno d'organo irreversibile. La plasmaferesi terapeutica ha subito negli anni un cambiamento notevole conseguente allo sviluppo tecnologico delle apparecchiature e a un'espansione delle indicazioni. Infatti, l'innovazione tecnologica ha introdotto metodiche che permettono un trattamento più tollerabile e meno invasivo. Hemofenix utilizza la filtrazione mediante membrana attraverso un sistema di nanofiltrazione, il filtro ROSA. Hemofenix, permettendo di eseguire il trattamento con un singolo e piccolo ago e con un volume extracorporeo ridotto, circa 70 mL, potrebbe ridurre i rischi per il paziente, anche pediatrico. Ulteriori vantaggi potrebbero essere rappresentati dalla breve durata del trattamento e dalla mancata necessità di utilizzare il plasma come fluido di sostituzione, riducendo il rischio di infezioni e reazioni allergiche. Sicuramente, oltre alla sicurezza, dovrà essere valutata la reale efficacia in trial clinici randomizzati, confrontando questa metodica con le terapie aferetiche classiche.

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