Abstract

Attraverso l'analisi in profondità di un dossier di accertamento razziale e contestazione di una misura di revoca della cittadinanza, individuato nel fondo Demorazza (Archivio centrale dello Stato), questo articolo si propone di ripercorrere l'intera dinamica della naturalizzazione e denaturalizzazione di un "apolide" (prima ex-russo e poi ex-italiano) di origine ebraica nell'Italia fascista, facendo perno sulle azioni e sulle risorse che egli stesso mobilitò per costruire e adattare di volta in volta la sua identità pubblica ai criteri delle autorità. Con ciò, l'articolo punta a offrire una prima ricostruzione delle politiche di denaturalizzazione fascista e a evidenziare la relazione che esiste tra la vicenda innescata dalla misura antisemita di revoca della cittadinanza e il precedente processo di naturalizzazione che, come nella gran parte dei casi di revoca per effetto della legislazione antisemita, si svolse egualmente sotto il regime fascista, ma in una fase precedente la svolta del 1936-1938. L'articolo si interroga, dunque, in una prospettiva dal basso, sulle continuità e le discontinuità rappresentate dal fascismo e, in particolare, dalla politica antisemita fascista in materia di cittadinanza, articolando così il nesso tra "razza" e "naturalità".

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