Abstract

ABSTRACT Nel presente articolo, si propone uno studio su un genere, la biografia, nella prospettiva di mostrarne limiti e potenzialità non soltanto sul piano letterario, ma anche nella della costruzione di una memoria comune e pubblica di passati complessi. La biografia infatti opera come un mediatore significativo e multidirezionale del passato a partire da una soggettivizzazione del contesto del biografato che mostra come in gioco non solo il suo ritratto letterario, ma anche quella del biografo, per il rapporto, freudianamente complesso, che unisce le due figure. Il riconoscimento di questi meccanismi implicati è importante per un approccio che anche solo lateralmente rinvia ad un esercizio di ricostruzione effettiva del passato, soprattutto alla esposizione di alcuni dei suoi elementi utili per una migliore articolazione di concetti ed idee situati in contesti specifici. Il caso in esame è quello della biografia che l’intellettuale italiano emigrato in Brasile, Antonio Piccarolo, molto attivo per la sua militanza socialista, dedica nel 1935 a un “eroe biografico” del Risorgimento italiano, Tito Livio Zambeccari, Livio Zambeccari: apóstolo da liberdade na América e na Itália, figura epica vicina a Garibaldi, che apre una densa riflessione sulla formazione della unità d’Italia. In questa discussione, ad emergere è l’ombra del biografo stesso e del tempo in cui mette a punto un ritratto del biografato. Il biografo parla, insomma, sempre anche di se stesso.

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