Abstract

Ignasi de Solà-Morales, già nel 1986, sottolineava come l’architettura museale si fosse posta fin dal principio come ineludibile strumento attraverso cui ogni tempo e società potesse dare una propria lettura dell’arte o, più in generale, di preziose collezioni. In questo panorama cambiante, assume particolare rilievo il progetto di musealizzazione della rovina archeologica, i cui edifici hanno subito una chiara trasformazione in relazione al parallelo evolversi dell’interpretazione della stessa da parte della società contemporanea. Il presente scritto, attraverso l’uso di alcuni esempi, si pone come obiettivo analizzare proprio le peculiarità connesse alle nuove strutture museali in ambito archeologico, non più contenitori di reperti, recuperati sul campo e portati altrove, ma parti integranti del luogo stesso dell’archeologia, generando una serie di questioni correlate alla permeabilità, al concetto di esterno/interno e alla percezione delle relazioni spaziali.

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