Abstract
L’intervento discute l’originale interpretazione avanzata da Giorgio Agamben a proposito dell’opera dello scrittore italiano Antonio Delfini. In particolare il saggio analizza la centralità della riflessione poetica di Delfini nel sistema estetico agambeniano: l’intransigenza antimoderna di Delfini, infatti, è ricollegata da Agamben ad una riflessione generale sulla natura della parola poetica e relativamente alle mutazioni storiche del complesso rapporto tra opera e biografia nella cultura letteraria occidentale. In tal senso, il saggio riflette sul parallelo individuato da Agamben tra il significato profondo del racconto Il ricordo della Basca e l’idea di una “pura lingua” pre-babelica di cui parla Benjamin nel celebre intervento sul Compito del traduttore e in numerose altre occasioni. Saranno presi in esame anche altri testi dello scrittore modenese, principalmente dalla produzione in versi, tratti dalla raccolta Poesie della fine del mondo, del prima e del dopo; ma la riflessione non tralascerà anche i diari e le lettere di Delfini, cercando di offrire un ampio panorama della sua produzione.
Highlights
Riassunto: L’intervento discute l’originale interpretazione avanzata da Giorgio Agamben a proposito dell’opera dello scrittore italiano Antonio Delfini
Scrive Agamben: in nessuno scrittore del Novecento come in Delfini l’indeterminazione di vissuto e poetato è così assoluta e vita è veramente soltanto ciò che si genera nella parola
Il fallimento del ricordo che è al centro del racconto delfiniano, e la razo, che costituisce il ricordo di questo “fallimento del ricordo”, ovvero lo scioglimento del suo dettato – in prosa, appunto, secondo i termini agambeniani – certificano quindi una scissione intrinseca al linguaggio dell’uomo tra lingua e discorso e preparano, evidentemente, l’estremo e doloroso approdo della carriera di Delfini alle Poesie della fine del mondo
Summary
Riassunto: L’intervento discute l’originale interpretazione avanzata da Giorgio Agamben a proposito dell’opera dello scrittore italiano Antonio Delfini. Scrive Agamben: in nessuno scrittore del Novecento come in Delfini l’indeterminazione di vissuto e poetato è così assoluta e vita è veramente soltanto ciò che si genera nella parola.
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