- Research Article
- 10.54103/2464-8914/21916
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Maria Paola Viviani Schlein
L’articolo tende ad individuare in alcuni Stati europei (Svizzera Estonia, Lettonia e Lituania) punti in comune in relazione alla democrazia diretta, i cui istituti potrebbero essere in grado di riportare l’elettorato al voto.Una circolazione di modelli in questo ambito che appare chiara è quella tra la Svizzera, in cui la democrazia diretta è così fortemente presente da essere quasi un tratto distintivo dell’identità nazionale, e gli Stati baltici, proprio nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, quando furono adottate le Costituzioni degli anni ‘20, su ispirazione di modelli già esistenti. In quel periodo, infatti, in cui le neonate Repubbliche baltiche dovevano darsi una Costituzione democratica senza averne avuto alcuna esperienza diretta, esse si ispirarono, da un lato, alla Costituzione di Weimar del 1919, e, dall’altro, alla democrazia diretta svizzera, abbastanza nota anche perché molti esuli dagli Imperi centrali avevano vissuto nella piccola Repubblica alpina o, comunque, ne conoscevano i particolari istituti.Alla base di tale democratizzazione c’erano probabilmente anche alcune delle idee della Rivoluzione francese che, al di là delle Costituzioni dell’epoca rivoluzionaria che avevano avuto vita assai breve, erano comunque transitate nel costituzionalismo europeo.Furono previsti quindi sia il referendum, spesso però promosso dall’alto, che l’iniziativa popolare, oltre alla revoca (di diretta derivazione dalle prime idee discusse in epoca rivoluzionaria) non del singolo parlamentare, bensì dell’intero Parlamento e, in alcuni casi, del Capo dello Stato.In altri casi, e cioè nell’ipotesi di contrasto tra i due massimi organi, il corpo elettorale era chiamato a decidere, non certo in imitazione del modello elvetico, ma piuttosto di quello weimariano.Durante il lungo periodo d’incorporazione nell’URSS (1940-1990), non fu usato nessun autentico strumento di democrazia diretta, salvo la revoca del singolo rappresentante del popolo, del tutto diretta però dall’onnipresente e onnipotente Partito comunista e quindi molto distante da un reale intervento del corpo elettorale. Tale periodo, però, non eliminò il sentimento nazionale né il desiderio d’indipendenza; anzi, per dimostrare l’illegittimità dell’occupazione sovietica, si volle proprio sostenere la continuità con il periodo precedente all’incorporazione anche dal punto di vista costituzionale e legislativo.Molti degli istituti delle Costituzioni degli anni ‘20 relativi alla democrazia diretta sono sopravvissuti quindi in quelle degli anni ‘90, facendo proseguire il legame ideale con la ben viva e funzionante democrazia diretta svizzera. A conclusione delle riflessioni di queste pagine, non si può che notare ancora una volta come il trapianto d’istituzioni giuridiche, specie se a livello costituzionale, spesso porti a risultati che differiscono fortemente dal modello originario, dal momento che si basa su storie, culture, situazioni politiche e sociali assai diverse.Come ultima, importante domanda rimane infine da chiedersi se la democrazia diretta, specie laddove non siano richieste alta affluenza alle urne o maggioranze particolari, sia sempre compatibile con i diritti delle minoranze.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/21924
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Rolando Dondarini
Con un’elegante confezione in tre volumi, Leo S. Olschki Editore di Firenze ha pubblicato nel 2023 Gli Statuti della Repubblica Fiorentina del 1355 in volgare, a cura di Federigo Bambi, Francesco Salvestrini e Lorenzo Tanzini, colmando una prolungata lacuna, già denunciata da molti storici. L'edizione è stata promossa dalla Deputazione di storia patria per la Toscana presieduta da Giuliano Pinto, che nella premessa rileva come si prospetti come un prezioso strumento di ricerca per medievisti e storici del diritto, linguisti, paleografi, diplomatisti e storici dell’arte. Gli statuti del 1355 si presentano con una doppia stesura: quella dello “Statuto del Podestà” e quella dello “Statuto del Capitano del Popolo”. Furono redatti su disposizione della Signoria, cioè del Priorato delle Arti e Gonfaloniere di Giustizia, vale a dire del vertice dell’ordinamento pubblico cittadino.A causa della loro gran mole e delle difficoltà di trascrizione dal volgare in cui fu scritto l’esemplare superstite, occorreva un lavoro di lunga lena iniziato nel 1999 da Francesco Salvestrini, al quale in anni successivi si sono affiancati Lorenzo Tanzini, e Federigo Bambi. Dal lavoro meticoloso dei tre curatori sono derivati i loro saggi introduttivi che con diversi approcci, offrono prospettive indispensabili a comprendere i tanti significati della promulgazione. Salvestrini si è occupato di inserirla nel contesto storico e politico di cui era conseguente e di sondarne motivazioni ed esiti.Tanzini ha prestato particolare attenzione all’analisi delle dinamiche interne alla normativa fiorentina, rintracciandone premesse e scindendo le effettive novità dai lasciti delle normative precedenti. A Federigo Bambi si deve uno studio puntuale e raffinato sul linguaggio giuridico in volgare e la distinzione tra il volgarizzatore dello Statuto del Podestà e quello del Capitano, corredato dalla compilazione nel terzo volume di un ricco e utile glossario.A dare ulteriore rilievo al testo degli statuti fiorentini concorre la data del 1355 che si colloca a pochi anni dalla peste, a metà del secolo, quando il comune fiorentino incrementa l’espansione territoriale (Prato, Pistoia) compiendo ulteriori passi verso uno stato regionale e conferendo alla promulgazione una valenza più ampia dell’ambito cittadino.Gli Statuti del 1355 furono il riflesso di evoluzioni interne ed esterne che conducevano al consolidamento di una burocrazia comunale e continuarono ad essere consultati grazie ad un repertorio tematico ordinato alfabeticamente tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV.Tutto ciò era sostenuto da una rinnovata consapevolezza civica che si basava sulla fierezza della propria storia e sull’identità politica cittadina che attingeva dal guelfismo e dagli ideali repubblicani contro ogni tentazione signorile. La volgarizzazione andava nella stessa direzione accrescendo il valore dello Statuto come riflesso di un’identità locale e condivisa. Le indagini storiografiche su questo corpo statutario sono state a lungo incentrate sull’analisi archivistica, codicologica e paleografica mantenendo una connotazione eminentemente formale. I recenti contributi di Andrea Zorzi e Lorenzo Tanzini hanno portato ad un’analisi organica dei codici e della loro evoluzione nel quadro politico e negli studi della storia di Firenze, inserendo l’applicazione delle norme nella trasformazione del sistema di governo. La scelta di pubblicare i codici del 1355 in volgare è stata dettata dall’intento di rendere fruibile la più ampia redazione statutaria trecentesca fiorentina, mettendo a disposizione degli studiosi testi di particolare rilievo dal punto di vista storico-giuridico, linguistico e filologico.Ne scaturisce una migliore conoscenza della Firenze del Trecento con riferimenti molteplici all’assetto istituzionale, alla partecipazione alla vita pubblica, e a tutti gli aspetti della quotidianità. Questa edizione acquista un grande valore culturale offrendo l’accesso a testimoni cospicui dell’affermazione del volgare anche nei documenti pubblici.
- Research Article
1
- 10.54103/2464-8914/21919
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Sahar Zarei
International jurisprudence has a crucial role in the development of international environmental law. There is a close relationship between legal cases and environmental protection in international environmental law. Legal cases address contemporary problems and include new legal principles and rules of international law that can develop the scope (principles, structures and implementation) of environmental protection. In this perspective, judgments, advisory opinions and decisions of the international courts and tribunals, especially the International Court of Justice, have shown that State sovereignty has always been a limitation of the global expansion of environmental protection scope. Moving from absolute State sovereignty to the rule-based equitable and reasonable use of land could be an excellent opportunity to develop this legal field. Environmental protection emerged in the Trail Smelter case of 1941 as an earlier environmental dispute which resulted in the development of the environmental protection concept in other legal cases. Based on selected cases in international environmental law, the research attempts to analyze three stages of the emergence, enhancement and evolution of the environmental protection principle.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/21926
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Lorenzo Tanzini
Lo statuto di Firenze del 1355, nella versione Latina come in quella volgare, presenta una grande complessità interna, specchio del ricco ma articolato patrimonio normativo della città. Due aspetti appaiono evidenti e anche apparentemente in contraddizione. Da una parte l’impostazione fortemente autoritaria, che vede il Comune attento a regolare tutti gli aspetti della vita sociale, specialmente in ambito economico e giudiziario. Dall’altro, la grande enfasi sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, che è già presente nella scelta di tradurre il testo in volgare, e viene interpretata dale tante norme sugli uffici amministrativi a partecipazione collegiale. Il saggio esamina questa contraddizione apparente e ne suggerisce la soluzione nel ruolo svolto dallo Statuto come punto di raccolta di sedi normative che fino alla metà del secolo erano rimasti autonomi.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/21914
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Luigi Nuzzo
Nel 1900 la rivolta nazionalista e anti-occidentale dei Boxer offrì all’Italia l’occasione per soddisfare le proprie ambizioni coloniali anche in Estremo Oriente e per aprire nuovi spazi commerciali. L’articolo ricostruisce le origini della concessione italiana di Tianjin, analizzando il processo di formazione dell’accordo con cui, nel 1902, il Celeste impero cedette all’Italia, «in perpetuità e come concessione», i terreni che aveva precedentemente occupato. Nonostante il recente interesse manifestato dagli studiosi di diritto internazionale e storia globale verso i trattati ineguali, la giurisdizione consolare e più in generale le relazioni giuridiche con la Cina, le concessioni occidentali nei treaty ports cinesi e i relativi lease agreements non hanno ancora ricevuto una particolare attenzione. Al contrario, si trattava di straordinari strumenti di governance che mostravano la continua sovrapposizione tra piano privatistico e piano pubblicistico, spingendo i giuristi a riflettere sui limiti del diritto internazionale e ad immaginare nuove categorie giuridiche per leggere inedite spazialità che non potevano essere ricondotte all’interno di quelle già conosciute di stato, nazione, città.
- Journal Issue
- 10.54103/2464-8914/2023
- Dec 18, 2023
- Italian Review of Legal History
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/19455
- Dec 22, 2022
- Italian Review of Legal History
- Cecilia Siccardi
Due milioni e mezzo di persone che migrano sono oggetto di traffici illeciti, che, secondo le stime delle Nazioni Unite, generano profitti per decine di miliardi di euro. [...] Le criticità che pone la situazione descritta sono molto complesse e possonoessere affrontante secondo diverse prospettive, che vanno ben oltre la mera analisi degli strumenti di contrasto al traffico dei migranti e all’immigrazione irregolare. Il tema infatti coinvolge problematiche più ampie, quali la tenuta del sistema ditutela dei diritti umani di fronte ai fenomeni migratori e l’effettività dei diritti. Alla luce di tale contesto, in queste pagine, si ritiene utile indagare le origini delle problematiche che caratterizzano le migrazioni via mare.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/19450
- Dec 22, 2022
- Italian Review of Legal History
- José Rafael Gómez Biamón
A critical legal thinking analysis of autonomy in Südtirol/Alto Adige is useful for rethinking Italian sovereignty in the province. Initiating with articles 5, 6, and 116 of the Italian Constitution (1948) and subsequently with two statutes of autonomy (1948 and 1972) with several amendments, a particular system of law was constructed in the context of the Italian regional state.Several historical events have also determined the current Südtirol/Alto Adige autonomous status. Most notably during the aftermath of World War I, it was subject to a change in sovereignty from Austria to Italy. Soon after, during the fascist period, a failed attempt at so-called Italianization dramatically lessened the rights of the Ladin and German-speaking majority. Moreover, following the devastation of World War II autonomy was granted but not fully accepted in its original form by the majority of the population in Südtirol/Alto Adige. As a consequence, the political movement for self-determination became more relevant and terrorist violence emerged. The international community stepped up to the conflict and the Italian government established a new form of autonomy that brought justice and peace.Thereafter, Südtirol/Alto Adige’s autonomy has received support and recognition from the United Nations, the European Union, and other international organizations.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/19454
- Dec 22, 2022
- Italian Review of Legal History
- Alessandra Bassani
Il saggio raccoglie le riflessioni condivise dall’Autrice in occasione del Convegno Dialogo transdisciplinare e identità del giurista organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano nel settembre 2022. L’occasione di dialogo con cultori delle materie di diritto positivo che condividono con i giuristi storici il compito di formazione degli operatori del diritto di domani ha stimolato una riflessione che si è sviluppata ripercorrendo le ricerche svolte in anni recenti, o attualmente in corso, collaborando con colleghi di diverse discipline, giuridiche e storiche, sul notariato, sul diritto penale, sulla giurisdizione amministrativa, sulla repressione attuata in Libia dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato.
- Research Article
- 10.54103/2464-8914/19452
- Dec 22, 2022
- Italian Review of Legal History
- Andrea Massironi
Nel Decretum di Graziano trovarono accoglienza alcuni testi (per la maggior parte scritti di Agostino di Ippona e di Gregorio Magno e canoni conciliari del VI e del VII secolo) che trattavano il tema della correzione del clero regolare e secolare da parte del superiore gerarchico, in special modo del vescovo e dell’abate. All’interno di una diocesi, infatti, il vescovo era chiamato in prima persona a intervenire per controllare i chierici sottoposti alla sua autorità. Lo stesso valeva per l’abate nel monastero che reggeva.Quali erano gli strumenti a loro disposizione per condurre verso l’emenda chi avesse dato segni e compiuto gesti classificabili come indisciplina? Sicuramente ammonire, esortare o addirittura minacciare erano le prime strade da percorrere. Tuttavia, per quanto fossero autorevoli tali moniti, rischiavano di rimanere ignorati in mancanza di strumenti che li rendessero efficaci. La liceità e le modalità di esercizio dell’uso della violenza fisica quale strumento di correzione e punizione – comunemente accettato a tutti i livelli della società, dato che peraltro era raccomandato anche dalle Scritture –, non emergevano tuttavia in modo perspicuo dalla lettura dei capitoli grazianei. Infatti, a fronte del riconoscimento operato da alcuni di essi, altri sembravano guardarvi con titubanza e porvi limiti, se non addirittura divieti, poiché non era conveniente che uomini di Chiesa adoperassero tali mezzi o di tali mezzi fossero i destinatari. Un capitolo, in particolare, costituiva un serio ostacolo all’impiego della forza a fini disciplinari. Si trattava di un testo più tardo (almeno nella sua formulazione definitiva), cioè il celebre can. 15 (Si quis suadente) del II Concilio lateranense del 1139, che introducendo l’intangibilità fisica delle persone consacrate – pena la scomunica – ammantava la figura del chierico di un’aura di sacralità che pareva rendere assai difficile per il superiore avvalersi dei tradizionali strumenti 'educativi'. Tuttavia, numerose decretali successive (di Alessandro III, Celestino III, Innocenzo III e Gregorio IX) implementarono la materia, prevedendo una serie di eccezioni al cd. privilegium canonis. Si sollevavano così dal rischio di incorrere nella scomunica coloro che esercitavano verso i loro sottoposti una legittima potestà, che si poteva articolare pertanto anche nell’impiego della coercizione fisica. La scienza giuridica canonistica, da parte sua, svolgeva il fondamentale compito di coordinare tra loro le diverse fonti, soprattutto interpretando i testi del Decretum grazianeo alla luce dello ius novum di emanazione pontificia, cercando di definire con chiarezza i limiti, le modalità e la portata dei poteri di correzione dei soggetti che erano quindi pienamente legittimati a intervenire verso chierici e monaci per contenere la loro immoralità, distoglierli dalla propensione al peccato e contrastarne la disobbedienza e l’indisciplina.