Abstract

L’obiettivo del testo è di indagare se sia possibile attribuire a Platone una concezione dualista della natura umana, quindi se il filosofo possa essere inscritto nella linea dei pensatori che si sono posti il cosiddetto “Mind-Body Problem”. In molteplici passi dei dialoghi platonici si rinviene l’affermazione che il corpo e l’anima costituiscono due nature differenti e, in certa misura, incompatibili. D’altro canto, la relazione fra corpo e anima è costitutiva dell’uomo e si rende manifesta nell’atto della percezione. La presente riflessione si svilupperà in tre momenti. Dapprima esporremo le ragioni per cui è giustificato affermare che esiste in Platone una differenza fra anima e corpo; quindi analizzeremo l’unione di anima e corpo come attributo essenziale della natura umana; termineremo l’indagine attraverso la ricerca della “ghiandola pineale platonica”, ossia l’elemento che permette di parlare di anima e corpo come di una relazione duale che si costituisce non come una unità indifferenziata, né come una giustapposizione di fattori estranei l’uno all’altro. La nostra proposta consiste nel mostrare che lo scambio di informazioni fra anima e corpo avviene attraverso una modifica nelle proporzioni matematico armoniche che articolano entrambe le potenze.

Highlights

  • The aim of this text is to investigate if it is possible to attribute to Plato a dualistic conception of human nature, that is, whether the philosopher can be inscribed in the line of thinkers who establish the so-called “Mind-Body Problem”

  • Nel Timeo utilizza il termine psyche (41d) e athanatos psyche (43a) per designare l’anima immortale non incarnata

  • Non è esagerato affermare che nel Timeo il numero è principio, materia, determinazione e proprietà di tutte le cose esistenti, ossia la matematica è la chiave per capire tutti gli aspetti della realtà cosmica e umana, come nella dottrina dei Pitagorici (Casertano, 2010b, p. 64)

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Summary

Platone “dualista”

L’indagine sulla struttura antropologica in Platone può essere esaminata a partire, per lo meno, da tre prospettive differenti: religiosa, negli scritti in cui Platone argomenta l’immortalità dell’anima; psicologica, negli scritti in cui viene evidenziata la differenza fra una dimensione fisiologica e una psicologica degli enti; etica, quando si tratta di attribuire la responsabilità di vizi e virtù a differenti facoltà umane.. D’altro canto, in alcuni passi Platone utilizza termini spaziali e fisici per riferirsi all’anima, come quando asserisce che, in modo analogo al corpo, l’anima può essere “ammalata, in salute, trasportata dal corpo” (Phd. 79c5). Sarebbe da chiedersi fino a che punto i termini che rievocano una concezione di “presenza fisico-spaziale” dell’anima nel corpo utilizzati da Platone devono essere intesi in senso letterale. Tuttavia, può riferirsi tanto alla presenza nel senso di una relazione di prossimità fisica e spaziale (Phd. 59a), 11 quanto, in un senso metaforico, ad una relazione più astratta che non può essere intesa localmente Neppure quando si tratta di dimostrare l’immortalità dell’anima, ossia nel Fedone, Platone dichiara esplicitamente che l’anima è incorporea, ricorrendo questo termine unicamente per indicare l’accordatura della cetra (Phd. 85e5). Cf. Ferrari, 2016, p. 44 & n. 55. 14 Per un approfondimento sul tema della “presenza astratta”, si veda Jouan, 1996, p. 39-43

La relazione naturale fra anima e corpo
La ghiandola pineale di Platone: la matematica
Conclusione
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