Abstract

This paper discusses the context of script choice (Latin and Cyrillic) in the Kingdom of Yugoslavia in the late 1920s and early 1930s, focusing on bialphabetism and biliteracy as official policies of the country. I place the topic in the framework of Latinization in the interwar period and examine three texts by Yugoslav authors that propose a ‘hybrid’ writing system containing the characters of both alphabets as a solution to digraphia. It then explores some reactions to such proposals, including the one of Aleksander Belić. The article is based on the analysis of previously unknown sources found in the Matica Srpska Library in Novi Sad.

Highlights

  • This paper discusses the context of script choice (Latin and Cyrillic) in the Kingdom of Yugoslavia in the late 1920s and early 1930s, focusing on bialphabetism and biliteracy as official policies of the country

  • Entrambi questi aspetti giocarono un ruolo significativo nei dibattiti tra quelle che potrebbero essere descritte come due fazioni opposte: quella più nazionalista, che impiegava questi elementi per enfatizzare la diversità e l’incompatibilità fra serbi e croati, e quella ‘pro-unitaria’, che spesso si scontrava con tali elementi della lingua, percependoli come un ostacolo alla realizzazione dei suoi ideali unificanti

  • Album šrifta: ćirilica i latinica (Album di caratteri: cirillico e latino)

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Summary

Il contesto di latinizzazione del primo dopoguerra

Come attestazione dell’influenza degli ideali di unificazione alfabetica a livello globale nel periodo interbellico, è essenziale menzionare l’importante lavoro della Commissione Internazionale per la Cooperazione Intellettuale. Nel 1929, questo organismo della Società delle Nazioni decise di intraprendere uno studio scientifico sulla possibilità di promuovere l’uso dei caratteri latini in tutto il mondo per poter pervenire a una migliore comprensione e comunicazione reciproche tra i vari stati, soprattutto fra il mondo occidentale e l’Asia (Société des Nations 1934). Nella sua introduzione al volume, il linguista danese Otto Jespersen sosteneva come, malgrado le sue imperfezioni e difetti, l’alfabeto latino fosse l’unico di cui si potesse raccomandare l’adozione universale, in virtù della maggiore chiarezza dei suoi caratteri nelle pratiche di lettura e scrittura e la sua maggiore idoneità alla stampa rispetto ad altri sistemi di scrittura. Jespersen sosteneva tale riforma sulla base di una sorta di idealismo, affermando inoltre il seguente: Non vi è dubbio che la cooperazione intellettuale in tutto il mondo civilizzato verrebbe estremamente facilitata se lo stesso sistema di scrittura venisse impiegato ovunque; la varietà di alfabeti

Balcania et Slavia
Le prima proposte di ‘sistema misto’ apparse sulla rivista Život i rad
Alcune reazioni alle proposte della nuova scrittura mista
Valutazione critica
Conclusioni
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