Abstract

Il nostro articolo è un ampliamento della relazione che abbiamo tenuto del convegno "Art and Psyche: Conference IV. The illuminated imagination" organizzato dallo IAAP (International Association for Analytical Psychology), e svoltosi a Santa Barbara (California) lo scorso aprile. Vorremmo dare un contributo nell'ambito della riflessione sulla potenza evocativa e terapeutica delle immagini e con questo fine abbiamo provato a far dialogare pratica clinica e riflessione teorica, partendo dai contributi sull'argomento di C.G. Jung, D. Kalsched, V. Kast ed altri. Nell'esposizione si alterneranno momenti descrittivi, riguardanti un'esperienza di gruppo di psicoterapia espressiva (arteterapia) con donne rifugiate e vittime di tratta, e momenti di riflessione sulle possibilità che l'arte offre quale lingua comune, che permette di instaurare relazioni immediate, divenendo così strumento di integrazione. I materiali, il processo creativo e l'accoglienza ristabiliscono gradualmente un senso di controllo sugli eventi, andato perso col trauma: lavorare sulle proprie immagini offre delle possibilità riparative, a fronte degli effetti disintegrativi propri dell'esperienza traumatica. In questo modo si supera l'impasse di fronte al quale talvolta ci si trova quando si propone una terapia esclusivamente verbale a persone provenienti da altre culture e portatrici di gravi sofferenze

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