Abstract
Questo contributo verte sullo studio di 252 terrecotte sequestrate negli anni Settanta del secolo scorso contraddistinte dall’elevata percentuale di teste frammentate all’altezza del collo e dalla prevalenza di soggetti femminili. Il repertorio delle iconografie ricostruibile spazia dai tipi arcaici alle popolarissime tanagrine e documenta il frequente ricorso a espedienti tecnici volti a differenziare le raffigurazioni più standardizzate e a ottimizzare le risorse produttive. La rete dei confronti consente di ipotizzare la provenienza tarantina e di ravvisare riscontri stringenti nella coroplastica rinvenuta in alcuni contesti sacri del territorio. La probabile giacitura originaria delle terrecotte in uno o più depositi votivi e le riflessioni che ne scaturiscono sulla pratica della rottura rituale delle offerte rappresentano un piccolo contributo che materiali decontestualizzati possono offrire agli studi di archeologia del rito in ambito magno-greco.
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